video_interview Vittorio Sgarbi
Incontriamo Vittorio Sgarbi in occasione del suo spettacolo dedicato a Caravaggio.
Ricordo ancora quando alla fine degli anni ’80 ebbi il primo approccio con una chitarra, attraverso alcune ore di lezione che si svolgevano di pomeriggio nella scuola elementare che frequentavo a Enna. Qualche anno dopo, alle medie, avevamo due ore (o forse tre, è passato tanto tempo) da dedicare alla pratica musicale. Strumento in questione, questa volta, il flauto dolce. Diciamocela tutta: non è che la scuola italiana, storicamente, abbia puntato e creduto nell’istituzione della disciplina musicale come materia di studio al pari della matematica, dell’italiano, della storia e della geografia. Il ruolo della musica, come materia di studio nelle scuole, è stato sempre marginale. Poche ore, lezioni strutturate male (immaginatevi insegnare flauto a classi di 20 o anche 30 alunni) e per di più noiose, dove se azzeccavi due note di fila dovevi fermarti per permettere a tutti i tuoi compagni di fare il loro tentativo. Insomma, di quegli anni, da questo punto di vista, non ho di certo un bel ricordo.
Il perché di questa marginalità è da ricondurre agli anni dell’Unità d’Italia, quando l’allora ministro della Pubblica Istruzione, Francesco De Sanctis, decretò che la musica era “arte donnesca”.
Così, mentre in Germania e in Austria i giovani frequentano ancora oggi le sale della musica al pari dei circoli letterari, ed esiste una fiorente industria di produzione di strumenti, gli enti lirici e musicali italiani sopravvivono grazie ai finanziamenti statali. Il problema, secondo Riccardo Muti, noto direttore d’orchestra, è che la musica va insegnata lungo tutto il percorso di studi, dandole il giusto peso e non relegandola al ruolo di disciplina marginale. C’è da dire che oggi la scuola è molto diversa da quella di Sanctis: strumenti, cori e orchestre sono una pratica diffusa in molte scuole; sono anche stati istituiti dei Licei Musicali e sembra, il condizionale è d’obbligo, che oggi si presti più attenzione alla musica intesa come arte. Inoltre, grazie anche al completamento della “riforma della scuola”, avvenuto di recente, avremo presto scuole dove si impara “a leggere, scrivere, far di conto e far di canto”, come ha affermato l’ex ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Berlinguer. Tale riforma, infatti, introduce la musica, ma anche il teatro, la danza e le arti grafiche, in tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Noi di Bedda Radio non possiamo che accogliere positivamente questa notizia, convinti sempre di più che la musica sia elemento fondamentale anche di integrazione, non solo per gli stranieri ma anche per le persone affette da disabilità. Insomma, le premesse ci sono tutte. Arriviamo sempre tardi ma l’importante è partire, per fare in modo che le nuove generazioni possano compiere un percorso di crescita culturale, umano e artistico a 360 gradi.
Scritto da: Pietro Lisacchi
Incontriamo Vittorio Sgarbi in occasione del suo spettacolo dedicato a Caravaggio.
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